Andare allo stadio senza capire quanto sta accadendo mentre chi è davanti alla tv riesce a sezionare ogni frame di una partita di calcio informando, a sua volta, chi sugli spalti c’è davvero. Con la decisione della Lega di serie A di permettere la trasmissione sui maxi-schermi degli stadi delle immagini della partita, si compie un passo importante nella visione globale del match. Andrea De Marco, ex arbitro internazionale e oggi moviolista per Premium Calcio, ne è convinto.

Cosa ci dobbiamo aspettare da questa innovazione?
«È una scelta condivisibile. Lo abbiamo visto anche ai Mondiali. In questo modo tutti gli spettatori possono rendersi contro della decisione sulla base delle immagini. Anche se non si potrà vedere tutto e solo a velocità normale, è importante che il pubblico veda nell’immediatezza dell’azione quanto accade».

Oggi si arriva al punto che si telefona a casa per capire quanto sta accadendo a venti metri in linea d’aria.
«Non si riesce a fare una opinione. Ma ora tutto cambierà».

Peccato che il San Paolo sia senza maxi-schermo.
«Credo sia importante che tutti gli stadi siano uniformati con la presenza degli schermi. Non solo con lo stesso numero di telecamere per riprendere la partita, ma anche di schermi. Magari laddove non ci siano si può pensare di montare quelli mobili. Sarebbe più corretto».

Oggi fare l’arbitro è più facile o più difficile?
«Sicuramente la tecnologia aiuta ed è più facile. Rivedere le immagini è importante e abbiamo visto come ai Mondiali il Var abbia aiutato moltissimo nell’interpretazione di alcune decisioni».

Cosa accadrà nel prossimo campionato?
«Avremo un Var meno invasivo, come accaduto ai Mondiali. E poi il fuorigioco con la tecnologia 3D».

Tutte queste innovazioni aiutano a svelenire il clima?
«Ci sono sicuramente dei miglioramenti, l’errore umano però ci può sempre stare. È comunque uno strumento positivo che può sempre migliorare. La stessa finale dei Mondiali è stata decisa dal Var».

Dopo la moviola in campo, l’ultimo tabù che deve cadere è la parola agli arbitri.
«È vero. Aiuterebbe a capire il carattere degli arbitri e magari molti risulterebbero anche più simpatici».

Fonte: Gianluca Agata per Il Mattino

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