Dopo un’intera carriera in giallorosso, Francesco Totti lascia la Roma.
Al Salone del Coni, l’ex capitano della Roma ha tenuto una conferenza stampa, in cui ha spiegato i motivi del suo addio:
“Ringrazio il presidente Malagò per avermi dato l’opportunità di essere qui. Alle 12:41 del 17 giugno 2019 ho mandato una mail alla Roma, dove ho dato le mie dimissioni. Speravo non ci fosse, invece è arrivato questo fatidico giorno. Per me è molto brutto e molto pesante, ma viste le condizioni era doveroso e giusto prendere questa decisione brusca. Non ho avuto mai la possibilità operativa di lavorare sull’area tecnica con la Roma.
La decisione l’ho pensata in tanti mesi, penso sia la più coerente e giusta perché davanti a tutto ci deve essere la Roma: una squadra da amare, a cui bisogna essere sempre vicino. Non ci devono essere fazioni pro Totti o pro Pallotta, ma solo amore nei confronti di questi colori.
Presidenti, allenatori, giocatori passano, ma le bandiere no. Diciamo che questo mi ha fatto pensare tanto, non è stata colpa mia prendere questa decisione. Non so più che dirvi adesso.
Ha mai pensato durante tutto questo periodo “ma chi me l’ha fatto fare”?
No, non l’ho mai pensato, perché la Roma l’ho messa davanti a tutto, è casa mia. Prendere questa decisione è stato difficilissimo, perché ho sempre voluto portare ad alti livelli questa società in giro per il mondo.
Non è stata colpa mia perché non ho avuto mai la possibilità di esprimermi, non sono mai stato coinvolto in un progetto tecnico. Il primo anno ci poteva stare, nel secondo avevo delle idee ma non ci siamo trovati o aiutati. In società sapevano le mie intenzioni e la mia voglia di fare, ma loro non hanno mai voluto e mi tenevano fuori da tutto.
Cosa sente di dire alla gente che è rimasta scioccata dall’addio di Totti dalla Roma? Questo sarà un addio o un arrivederci?
Alla gente posso solo dire grazie, per come mi hanno sempre trattato. C’è sempre stato rispetto reciproco fuori e dentro il campo, posso solo dire solo di continuare a tifare questa squadra. Per me è la squadra più importante del mondo e vederla in difficoltà come ora mi rattrista e mi dà fastidio, i tifosi della Roma sono diversi dagli altri per quella passione e quell’amore che mettono per la squadra. È un arrivederci, non un addio: è impossibile vedere Totti fuori dalla Roma, non potrà succedere. Per il momento prenderò altre strade, poi quando un’altra proprietà vorrà puntare su di me sarò pronto.
In questo momento ci sono tante cose che posso fare e le sto valutando serenamente. In questo mese valuterò tutte le offerte e quella che mi farà stare meglio la prenderò con tutto il cuore. Non ci sta un colpevole specifico, è stato fatto un percorso che non è stato rispettato e ho preso questa decisione.
Disse “mi hanno fatto smettere di giocare”, poi “mi hanno fatto lasciare la Roma”. Si sentiva pronto a fare il dirigente? Le hanno promesso qualcosa?
Tutti sappiamo che hanno voluto che io smettessi. Sul lato dirigenziale avevo un contratto di sei anni, perciò sono entrato in punta di piedi perché era un altro ruolo, una novità. Andando avanti col tempo ho capito che sono due cose diverse anche rimanendo nella stessa società. Sono state fatte tante promesse e non mantenute visto che sapevano cosa volessi. Col passare del tempo si fanno valutazioni, anch’io ho un carattere e una personalità e non sto lì a fare solo quello mi chiedono di fare. Lo facevo per la Roma, ma col tempo non mi sembrava il caso di proseguire così, per delle persone che non hanno mai voluto che facessi qualcosa.
In questi anni si è parlato di “detottizzazione”. È un percorso che ha radici più lontane rispetto al ritiro? Nota che c’è una certa “deromanizzazione”?
Alcune persone hanno sempre avuto il pensiero fisso di togliere i romani dalla Roma. Alla fine è prevalsa la verità perché alla fine hanno ottenuto ciò che volevano. Da quando sono entrati gli americani hanno cercato in tutti i modi di metterci da parte man mano che passavano gli anni. Hanno voluto questo e alla fine ci sono riusciti.
Che rapporti ha con Baldini?
Il rapporto con lui non c’è mai stato e mai ci sarà. Se ho preso questa decisione penso che sia normale che ci siano stati degli equivoci e dei problemi interni della società. Uno dei due doveva uscire e mi sono fatto da parte io. Troppi galli a cantare non servono, ci sono troppe persone che mettono bocca su tante cose e fanno solo danni. Ognuno dovrebbe fare il suo e così sarebbe tutto facile per tutti. Quando canti da Trigoria non lo senti mai, l’ultima parola doveva arrivare sempre da Londra. Era inutile dire ciò che avresti voluto fare, era tempo perso.
Un anno fa la Roma giocava una semifinale di Champions, pochi giorni fa Salah e Alisson l’hanno vinta: com’è possibile che si sia dilapidato in così poco tempo un valore così grande? Che futuro immediato vede per la squadra?
Un po’ tutti sappiamo i reali problemi della società, col fair play finanziario e giocatori che andranno ceduti entro il 30 giugno. Hanno fatto questa scelta difficile di vendere i calciatori più forti ed è più facile incassare con questi giocatori per tamponare i problemi di fair play. Bisogna essere trasparenti con i tifosi, ho sempre detto che alla gente va detta la verità. In un’intervista l’anno scorso dissi che la Roma sarebbe arrivata 4^ o 5^ e la Juve avrebbe vinto a febbraio lo scudetto: mi è stato detto che sono un incompetente, che toglievo i sogni ai giocatori. Ma io sono sempre stato trasparente e poiché sono così vuol dire che non posso stare qui dentro.
Le persone a cui fa riferimento non le vediamo nemmeno noi. Quanto è pesato all’interno della squadra quest’assenza? Quanto perde la squadra con la sua partenza?
Per me è pesato tantissimo. Il giocatore può trovare sempre un alibi, una scusa, e questo purtroppo va a dare problemi alla squadra, nelle partite. Per me crea un danno. Ma io l’ho detto e ripetuto tante volte, il presidente deve essere più sul posto perché quando tutti vedono il capo a Trigoria si sta sull’attenti, tutti lavorano come dovrebbero. Quando non c’è, fanno tutti come gli pare.
Sente di aver fatto tutto ciò che era in suo potere?
Se ho preso questa decisione è perché non ho potuto fare nulla, perché non mi sono sentito operativo nell’area tecnica. Non voglio fare il fenomeno di turno, ma per capire un po’ di più rispetto a tante persone che sono a Trigoria ho delle basi diverse. Tutti sbagliano, ma penso che la mia parola sia diversa da quella di altri, prendendomi le mie responsabilità, anche e soprattutto quando le cose vanno male.
Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso? È stato in Qatar, ha avuto la sensazione che qualche fondo volesse investire nella Roma?
Io ci sono stato spesso in queste zone, posso dire che tutti vorrebbero entrare nella Roma ma io finché non vedo nero su bianco non mi fido. Comunque non so nulla di tutto questo. Per quanto riguardo il vaso e la goccia, ci sono state tante cose che mi hanno fatto riflettere. Non sono mai stato reso partecipe, mi chiamavano soltanto nelle riunioni dove erano molto in difficoltà, ne avrò fatto 10 in due anni. Mi volevano accantonare da tutto, dopo un po’ il cerchio si stringe e dopo un po’ subentra il rispetto per la persona. Io ho cercato di portare qualcosa in più a questa società, ma dall’altra parte vedevo un pensiero diverso.
Cosa serve per riportarla alla Roma?
Sicuramente un’altra proprietà. Bisognerà vedere se mi chiamano, se credono nelle mie potenzialità e se credono che possa fare qualcosa di buono. Per me la Roma viene prima di tutto, anche in questo momento. Era meglio morire che staccarmi dalla Roma, ma per il bene di tutti è meglio che mi stacco io. Tanti personaggi dirigenti hanno sempre detto che sono troppo ingombrante in questa società.
Le è stata mai fatta una proposta da direttore tecnico con adeguamento economico? Senza Baldini tornerebbe?
Io di soldi non ho mai parlato e non ho mai chiesto niente. Ho chiesto di fare il direttore tecnico perché penso di averne le competenze, dando un forte contributo mettendoci la faccia. Ho chiesto di decidere come fanno tutti gli altri, ma se si scelgono allenatore e direttore sportivo e si passa in secondo piano, allora che potere decisionale è? Non sono andato a Londra perché mi hanno avvisato due giorni prima e avevano già preso l’allenatore, il direttore sportivo non lo so ancora. L’unico allenatore che ho sentito personalmente è stato Antonio Conte, gli altri non li ho mai sentiti o chiamati. Voglio fare questa precisazione per non passare per lo stupido. Senza Baldini comunque non tornerei, il vaso ormai è rotto. Potevano fare già qualcosa prima, ma non si sono mai mossi.
Il presidente ha detto “Francesco ha avuto un forte peso nella scelta dell’allenatore e in altre decisioni importante”. Sta mentendo?
Voglio tornare sul discorso precedente. L’unico allenatore che ho preso con Fienga – che voglio ringraziare perché è stato l’unico a mettere la faccia e dirmi che avrei lavorato con lui se fosse salito al comando della Roma – è Claudio Ranieri. Ho preso la decisione che altri dirigenti non volevano che prendessi. Oggi lo ringrazio, lui sarebbe venuto anche gratis e ha fatto il massimo, è un uomo vero. Non abbiamo parlato di nulla, mi ha detto soltanto “domani sono a Trigoria”. Io ho dato la mia risposta e penso che sia vera, perché non mi serve dire bugie adesso ma non devo andare contro Pallotta.
Non poteva essere questa l’opportunità vista la presenza di Fienga che poi avrebbe cominciato a lavorare da oggi con pieni potere?
Sì, Fienga me l’ha detto tre mesi fa che mi avrebbe fatto fare il direttore tecnico, che sarebbe il ruolo che preferisco maggiormente. Ma quando si ha una persona che sistematicamente mette i bastoni tra le ruote, io non sono stupido. Se io adesso non avessi voluto Fonseca? Il direttore tecnico esprime pareri importanti su queste questioni. Se mi avessero chiamato prima di scegliere l’allenatore e mi avessero interpellato e mi avessero mostrato fiducia, cosa che non hanno mai fatto, io sarei rimasto. Con Conte è successo perché io e Fienga eravamo convinti che fosse l’unico capace di cambiare la Roma, aveva dato l’ok ma poi ci sono stati problemi che l’hanno convinto a cambiare idea. Quando abbiamo contattato Conte la decisione era solo frutto di un confronto tra me e Fienga.
È stato chiamato in causa per l’addio di De Rossi?
Io già a settembre avevo detto ad alcuni dirigenti che avrebbero dovuto dirgli subito che sarebbe stata la sua ultima stagione, se era questa la decisione. Era il capitano e andava rispettato. Il problema è che certe cose vanno fatte subito, ma non è avvenuto così. Con Daniele ho parlato da amico, ho provato a fargli capire cosa stesse accadendo, e si è creato lo stesso problema che successe con me e penso sia voluto perché loro hanno sempre voluto allontanare i romani dalla Roma.
Come mai Sarri non ha accettato la Roma?
Chiedetelo a lui, non so che valutazioni abbia fatto. So che Sarri era un pallino di Baldini ma era sotto contratto col Chelsea. Ora stiamo parlando del nulla comunque, Fonseca deve trovare un ambiente sereno. Mi sembra un grande allenatore, che ha studiato e penso possa fare bene in questa squadra.
Perché Conte non è venuto?
Perché avrebbe voluto fare una rivoluzione e ha capito che non sarebbe stato possibile.
Andrà ancora allo stadio?
In alcune partite sì, anche perché resto tifoso della Roma, magari andrò in Curva Sud. E se non andrà a giocare altrove porto Daniele (De Rossi, ndr) con me e la andiamo a vedere insieme in curva.
Ha qualcosa da rimproverarsi?
Avrei voluto dare il mio contributo. Ci sono state troppe promesse ma solo poche sono diventate realtà e da tifoso mi dispiace, perché avrei voluto vedere la Roma competere ad alti livelli.
Sta dicendo ciò che pensa in conferenza stampa, sembra surreale. Come mai non ha creato un rapporto diretto con Pallotta?
Nell’ultimo periodo ha cercato in tutti i modi di trattenermi, sempre per vie traverse. In due anni non ho mai sentito né lui né Baldini. Cosa dovrei pensare? Che sono benvoluto? Se avessero sbagliato qualcosa nella mia società, io avrei chiamato qualcuno. Invece non è mai successo.
Malagò ha detto che in futuro vorrebbe diventare presidente della Roma. Le piacerebbe?
Sicuramente se lo dovesse diventare mi chiamerebbe, visto che dite che è così tanto mio amico.
In questa opera di deromanizzazione che si è conclusa con l’uscita di scena sua e di De Rossi, le fa più male essere stato considerato un impedimento da giocatore o che non abbiano creduto nelle sue capacità di dirigente?
Io sono stato un peso per questa società. Perché mi è stato detto che sono un personaggio troppo ingombrante. Questa è stata più significativa, perché quando ti stacchi dalla mamma poi è dura…
Pallotta è più per la Roma o per lo stadio?
Dovreste chiedere a lui, io non so cosa rispondere: è una risposta sua personale. Sicuramente sarà sbagliato quello che dirò, per correttezza e rispetto non risponderò
Lei resta dell’idea di fare il direttore tecnico anche altrove?
Valuterò le offerte, ne ho ricevute da squadre italiane di cui una stamattina. Quali squadre non posso dirlo. Sono stato contattato dalla FIFA, dalla FIGC, tanto sono cose che sapete meglio voi. Troppe cose le ho sapute prima dai giornali e poi dai diretti interessati, quindi immaginate che considerazione…
C’è qualcosa per cui dire grazie a Pallotta?
Lo ringrazio perché mi ha dato la possibiltà di rimanere alla Roma, facendomi conoscere una realtà sotto un altro punto di vista. E di questo lo ringrazio tantissimo. Anche perché non sputo nel piatto dove ho mangiato, io spero che porti la Roma più in alto possibile. Deve essere bravo a riconquistare la fiducia della gente. Spero che chi gli sta vicino gli dia indicazioni giuste.
Perché Pallotta secondo lei manca da così tanto tempo a Roma?
Non lo so, perché ci ho parlato una sola volta da vicino.
Si sta immaginando che effetto faranno queste parole sulla dirigenza? La data della conferenza è casuale?
Sì è casuale, non ho mai pensato che ci fosse un altro 17 giugno importante nella mia vita. L’effetto spero sia positivo, che capisca le cose che non vanno. Lo avrei voluto fare io, ma non ho mai avuto l’occasione. Non è un attacco a Pallotta, perché conta solo la Roma. Lui deve essere bravo a cambiare registro da oggi in poi
Ha sentito Pellegrini e Florenzi? Le piacerebbe lavorare con Mancini in Nazionale?
Ho sentito Lorenzo e gli ho fatto pure i complimenti per ieri, non ci credeva ma ci crederà. Gli ho promesso tante cose, e spero che queste cose possano accadere, perché è un ragazzo forte e speciale, una persona pulita e che può far bene alla Roma. La onorerà fino alla fine, perché è tifoso e qualche romano nella Roma serve sempre, fidatevi. Perché quando ci sono delle partite e magari qualcuno ride, sono cose che fanno girare le palle. Non farò mai nomi, ma la Roma deve stare al primo posto e se hai persone così in campo e dentro Trigoria non si va da nessuna parte. Se si è uniti non si deraglia, si può far qualcosa. Mancini è l’allenatore della Nazionale e spero possa far bene, deve essere bravo a portarla sul tetto d’Europa, io cercherò di portargli fortuna.
La proprietà si sarà resa conto di cosa sta togliendo alla città e alla gente?
Per me non si rendono conto perché non vivono la quotidianetà. Non vivono nulla di Roma, stando sul posto è totalmente diverso. Loro, stando dall’altra parte del mondo, ricevono soltanto l’1% di ciò che succede qua. Ma in fin dei conti per loro non cambia nulla.
Nella sua testa c’è già in mente un ritorno?
Non sto parlando già da futuro dirigente, io ho avuto delle divergenze con la dirigenza attuale. Con un’altra proprietà sarò presente a 360°, mi dispiace dirlo qua perché non ci sarebbe stato proprio il bisogno se mi avessero dato l’opportunità di fare quello che volevo. Non mi sarei mai dimesso.
Si è definito libero, ma libero da vincoli contrattuali o dalla fede?
La fede resta quella e viene prima di tutto, non mi voglio esporre. Il rispetto verso la tifoseria è 100%, è il mio popolo e nessuno me lo toglierà
Qual è la scelta tecnica che avrebbe sconsigliato? In che rapporto è con Monchi?
Non mi sono mai espresso contro un giocatore, per rispetto. Mi chiesero un parere su un giocatore, io dissi che per me non era il caso di prenderlo perché non fa bene alla Roma e aveva avuto tremila infortuni e non si adattava nemmeno dal punto di vista tattico. Mi è stato detto che sono sempre quello che va controcorrente. Io avrei fatto un’altra scelta e quasi sicuramente ci avrei azzeccato sotto un altro punto di vista. Monchi non l’ho più sentito.
Sulla vicenda Nainggolan, si è parlato molto di fatti extracalcistici. Lei che posizione prese?
La maggior parte dei dirigenti non volevano dare punizioni forti, ma invece nelle società forti queste cose non succedono e chi sbaglia paga. Nello spogliatoio deve esserci rispetto reciproco. Se si sbaglia, è giusto pagare per come la penso io.
Nel contratto che firmasti con Rosella Sensi era già definito un ruolo dirigenziale?
Sì, sempre quello di direttore tecnico che penso sia quello che mi si addica di più
La semifinale di Champions sembrava un nuovo inizio, anche a Trigoria era avvertito così?
Certo, anche noi pensavamo così. Ma poi si sono venduti tanti giocatori. Di Francesco aveva chiesto 4-5 giocatori, non sono mai stati presi. E comunque Di Francesco non l’ho portato io, ma l’ha voluto Monchi. Le cose si devono sapere. Lui avrà sbagliato, ma dopo la semifinale di Champions aveva chiesto dei giocatori ma non gliene hanno preso nessuno.
Se un domani un calciatore le dovesse chiedere se è il caso di andare alla Roma, che gli direbbe?
Direi la verità, gli direi come stanno le cose, belle e brutte. Poi la decisione spetta a lui. Le cose belle sono la città, il mare, la montagna e i tifosi, che sono i più belli di tutti”.