Massimiliano Allegri ha parlato in conferenza stampa per annunciare il suo addio alla Juventus.
Il tecnico è apparso molto emozionato, ma ha spiegato in modo chiaro la sua decisione.
Queste le sue dichiarazioni riportate dal Corriere dello Sport:
Allegri, quando ha capito che la sua idea di Juventus che aveva in mente da 6 mesi non si poteva realizzare?
“Ringrazio il presidente per le sue bellissime parole e anche i ragazzi (si interrompe perché è commosso; scatta un applauso, ndr) per quello che mi hanno dato. Ci siamo tolti tante soddisfazioni: lascio una squadra vincente che ha le potenzialità per ripetersi e per fare una grande Champions il prossimo anno. Purtroppo quest’anno si sono allineate alcune cose che non ci hanno permesso di arrivare fino in fondo. Io ho espresso il mio pensiero su quello che era il bene della Juventus e poi la società ha fatto delle valutazioni e ha deciso che non sarei stato più io il tecnico. Questo non cambia i miei rapporti straordinari con Agnelli, ma anche con Paratici e Nedved. Quando sono arrivato c’era anche l’ad Marotta e sono cresciuto tanto da allora. Lascio una grande società con un grande gruppo di giocatori e di uomini, ma anche con un presidente straordinario, un decisionista. Ho conosciuto Fabio e Nedved che erano ragazzi giovani, più giovani di me e sono diventati dei professionisti importanti. Domani bisogna festeggiare la vittoria dello scudetto e l’addio di Barzagli, il professore dei difensori che, senza togliere niente agli altri, ci saluta. Dovrà essere una bellissima serata perché sono stati 5 anni straordinari”.
Come prende questa decisione? Come la riuscirà ad assorbire?
“La vivo serenamente perché nei rapporti professionali ci si può dividere, è fisiologico. Io non ho chiesto giocatori, anni di contratto e rivoluzioni. Avevamo parlato di altro. Quando capisci che ti devi separare, non bisogna andare avanti. Abbiamo cenato a casa del presidente, mi avete inseguito, ma non mi avete trovato (ride, ndr) e poi ci siamo visti in sede. E’ tutto molto più semplice di quello che sembra. Sono contento ed emozionato però basta perché domani bisogna festeggiare. La Juventus ripartirà nel migliore dei modi”.
Ha pagato l’onda della richiesta del bel gioco degli opinioni e dei tifosi?
“Non ha pesato. C’è stato sempre un dibattito, un confronto, ma in fondo bisogna arrivare a centrare gli obiettivi della società: abbiamo conquistato uno scudetto e una supercoppa. Giocar bene o male dipende dal risultato finale. Lo capisco anche da certe telecronache. Il risultato condiziona anche i media, ma io da allenatore analizzo la prestazione. A Cagliari ho fatto 0 punti in 5 partite: mi dicevano che giocavamo bene, ma poi i punti… Nel calcio conta fare i risultati. Alla Juventus conta vincere: poi ci sono partite nelle quali giochi più o meno bene. A calcio anche difendere non è vergogna. Le grandi partite le vincono le difese e noi contro il Real in finale di Champions abbiamo perso perché abbiamo difeso male nella ripresa. A 52 anni non ho ancora capito cosa vuol dire giocare bene. E nella vita ci sono le categorie, in tutti i lavori. Se uno non vince mai ci sarà un motivo. Nel gabbione a Livorno io ho vinto tutti i trofei che ho fatto d’estate, tutti meno uno. Non c’è più mestiere, tutta teoria… Ho avuto Cellino a Cagliari dove non è mai retrocesso: non so come ha fatto, ma in un anno ha riportato il Brescia in A. Vuol dire che è più bravo degli altri. Poi vi vorrei fare un altro esempio, ma se lo faccio viene giù il mondo”.
Se ne va perché alla Juventus non può fare l’allenatore manager?
“Non voglio fare l’allenatore manager. Io ho sempre partecipato ai programmi della società, sono stato aziendalista e ne sono sempre stato fiero. Non sono mai stato uno “yes man”: ho sposato l’azienda e ho condiviso le varie problematiche. Così mi sono comportato anche al Milan. In certe aziende l’allenatore bisogna che conosca tutto soprattutto in certe realtà importanti, in società che fatturano 500 milioni”.
Si sente juventino?
“Da piccolo avevo il poster di Platini ed ero juventino, poi quando è andato via lui, ho smesso un po’. Platini come giocatore mi affascinava”.
Si è chiesto perché Allegri non ha conquistato tutta la tifoseria?
“Non me lo sono domandato perché i tifosi sono sempre stati molto calorosi con me e mi hanno fatto emozionare con i cori della curva. La contestazione del primo giorno fa ricordo, ma la prima immagine che ricordo di quel giorno è che un mio cavallo al vecchio ippodromo”.
Cosa vede nel suo futuro? Pensa di andare all’estero?
“Il futuro vedremo. Una pausa mi fa anche bene. Dopo il 15 luglio mi verrà voglia, ma non dipende da me e spero di valutare con serenità le proposte. Altrimenti sarà un anno lungo in cui mi dedicherà a me stesso, ai miei figli, alla mia compagna e alla mia famiglia”.