Tennis Vomero ore 17.30. Il Parlamento italiano si trasferirà qui per parlare del caso Collana: maggioranza e opposizione, deputati, senatori e consiglieri regionali. Dopo il sit-in di ieri, gli sportivi vomeresi hanno convocato per oggi pomeriggio una riunione per fare il punto sulla situazione. L’obiettivo è salvare l’impianto dal degrado e aprirlo il prima possibile. Vedere l’abbandono del Collana provoca tristezza, specialmente per uno come Luis Vinicio, «o lione» che vi ha giocato e allenato.
«Sa una cosa? Il mio calcio all’olandese, quello che ha fatto impazzire tutti, è nato proprio al Collana con l’Internapoli. Tenevamo la difesa molto alta per dare meno campo all’avversario. Iniziai con l’Internapoli in serie C. Era il mio primo anno da allenatore. Sfiorammo la promozione in serie B con Giorgio Chinaglia, Giuseppe Massa e Pino Wilson. Poi nel 1973 mi chiamò Ferlaino».
«Porro e Chinaglia Internapoli a mitraglia», gridavano i tifosi. L’illusione della seconda squadra di Napoli. «Guardi che ce la giocavamo davvero. Crescendo lo saremmo potuti diventare senza problemi la seconda squadra. Ma non andò così».
Che effetto le fa vedere il Collana ridotto in queste condizioni? «Tristezza, tanta tristezza. Passo spesso per il Vomero, quando sono in macchina, e ricordando quello che era il Collana, non posso che amareggiarmi».
Cosa ha rappresentato il Collana per lei? «Tutto. Vada a consultare gli almanacchi: 18 settembre 1955, Napoli-Torino 2-2, quarantamila persone per vedere il mio esordio con la maglia azzurra. Segnai anche un gol dopo pochissimo, un’apoteosi. Fui presentato in maniera fantastica. Ricordo le tribune piene, un calore ineguagliabile. Il Collana era il Collana».
E quel gol? «Batto il calcio d’inizio, Amadei passa indietro a Castelli, lancio di trenta metri che ricevo in corsa, diagonale di destro e gol. All’epoca si disse che erano passati 40 secondi, ma erano molto meno: 17 penso».
Poi il 4-3 alla Juventus di Charles e Sivori «Quarantamila persone sugli spalti e altre 5mila a bordocampo, sulla pista. L’arbitro Lo Bello ci autorizzò a giocare, vincemmo al 90’».
Alla Juve segnò anche al San Paolo «Era il giorno dell’inaugurazione nel 1959: quel giorno c’erano 80mila persone e mi sentivo al Maracanà»
Compagni di squadra? «Bugatti, Comaschi, Greco, Jeppson. Una meraviglia davvero giocare su quel campo era una emozione fantastica. Quante partite avrò fatto? Boh, forse duecento. Anche da allenatore all’Internapoli ricordo che partimmo con poche persone sugli spalti, poi diventarono quindicimila. Segno che il gioco che facevamo piaceva».
Oggi è tutta un’altra storia. «Devono mettersi d’accordo. Il Collana è un patrimonio della città, con tanti sportivi che ne hanno bisogno. Non solo per il calcio, ma per tutte le discipline sportive. Fanno bene a tenere alta l’attenzione».
Perché non è mai andato più via da Napoli? «Merito di Bruno Pesaola. Napoli era una storia scritta nel mio destino. Poi è stato facile ambientarsi».
Fonte: Gianluca Agata per Il Mattino