Uno dei motivi della caduta dell’impero romano fu l’aver regalato ai generali goti la guida delle legioni, piene zeppe di legionari di origine germanica, asiatica, africana e dei Balcani. Dico questo non perché voglia dare lezioni di storia, lungi da me avere questa pretesa ma c’è una certa analogia tra quello che accadde dal terzo secolo dopo Cristo a Roma e il Mondiale Russo. Ho guardato tutti o quasi gli incontri e la cosa che mi ha fatto riflettere è stata l’irriverenza con la quale le nazionali minori, da quelle europee alle asiatiche, dalle centroamericane alle africane, hanno affrontato le squadre più blasonate. Il Mondiale di calcio, da sempre, rappresenta il momento più alto a livello sportivo, qualcuno potrebbe obiettare che le Olimpiadi sono qualcosa in più, sicuramente nella quantità di confronti e nella sportività sì, ma sfido chiunque a citare un caso di una nazione sia scesa in piazza giorni interi per la medaglia d’oro in una delle tante discipline olimpiche. Si concentrano nello sport più praticato al mondo sentimento di nazionalismo, rivincita e spesso riscatto a parte la bellezza del gioco. Possiamo ricordare la vittoria al Mondiale del 1980 in Spagna, quale impulso diede alla nostra immagine, all’economia e soprattutto il sentimento di Patria che si era un po’ smarrito. L’Italia ha vinto quattro volte ed esattamente nel 1934, 1938, 1980, 2006. Vittorie le prime due a ridosso del secondo conflitto mondiale e in piena epoca fascista, di conseguenza risuonarono forte l’identità nazionale dopo le vittorie ai Mondiali di Roma e Parigi. Quello del 1980 lo ricordiamo per l’urlo di Tardelli, la resurrezione di Paolo Rossi e soprattutto l’esultanza di Sandro Pertini quando battemmo in finale la Germania.

Il 2006 fu una vittoria inaspettata, Cannavaro sollevò la coppa tra l’incredulità del mondo intero, nessuno avrebbe scommesso un euro sulla vittoria della nostra nazionale, invece accadde. Non dimentichiamo comunque l’espulsione di Zidane che con una “capata” in pieno petto a Materazzi fu espulso, l’esultanza di Grosso che valse la vittoria ai calci di rigori in una partita al cardiopalma giocata con la Francia e Cannavaro, Pallone d’oro di quel mondiale che solleva la coppa sorridendo. I campionati del Mondo sono stati sempre spettacolari, con i campioni popolarissimi o quelli che da quel momento lo diventeranno. Il mio primo mondiale che ricordo fu quello di Messico 70′. Pelè e il suo Brasile, la grande Germania di Beckenbauer e soprattutto la nostra Italia, quella di Gigi Riva, Mazzola, Rivera, Boninsegna, Facchetti, etc. Altro che tatuaggi, capelli rasati o scemità simili, quelli erano “uomini” a venticinque anni, tutti provenienti dalla guerra, dalla fame e da campi di terra battuta degli oratori, dove si giocava con palloni di cuoio spelacchiato che bagnato diventava d’argilla. Le vittorie allora erano contrassegnate dal dolore fisico, chi dimenticherà mai Beckenbauer giocare contro l’Italia con il braccio fasciato? Si potrebbe parlare per ore intere di quei campioni, accolti sempre dagli applausi al ritorno del mondiale. Capitava qualche volta che una grande fosse eliminata nei gironi di qualificazione o in quelli del mondiale stesso, i gironi all’italiana che, garantivano nei tre incontri una certa sicurezza per le grandi. L’Italia fu la prima grande vittima quando non superò il turno al Mondiale del 1966 disputato in Inghilterra per la sconfitta contro la Corea. A distanza di cinquantadue anni i coreani si sono ripetuti con la Germania campione del Mondo, una delle favorite. La cosa più crudele che la squadra tedesca addirittura ha chiuso all’ultimo posto nel girone la sua partecipazione al Mondiale di Russia. Riflettendo sulle cause di questa sconfitta, come del resto i tanti risultati clamorosi cui abbiamo assistito e una cosa la dico con convinzione, il calcio nazionale, identitario non esiste più. Qualcuno mi accuserà di essere un eretico, come spesso accade quando tratto altri temi, allora spiegherò meglio questa mia idea. Da sempre, al mondiale abbiamo ammirato non solo i campioni ma anche un gioco che contraddistingueva la nazionale che lo praticava.

Abbiamo vinto quattro mondiali senza mai avere la squadra migliore, come? Con il contropiede, invenzione della grande Inter di Herrera che dominò l’Europa e il mondo facendo giocare gli altri e vincendo lei. Passiamo al Brasile che giocava in genere senza difensori ma con centrocampisti davanti al portiere e tutti attaccanti dal mediano ad andare avanti. Il Calcio Argentino, fatto di estro e gamba tese, quelle che ti facevano male. Dello stesso stampo argentino, quello uruguaiano, sudamericano e centroamericano in generale. Il calcio totale dell’Olanda di Cruyff, quello di potenza della Germania, il calcio per antonomasia quasi mai vincente dell’Inghilterra e così via. Oggi abbiamo assistito, ma già al precedente mondiale in Brasile che le nazionali oggi, di qualsiasi continente, non sono altro che piccole squadre da Champions League. A guardare le formazioni di ognuna delle nazionali partecipanti sembra una squadra europea che partecipa alla massima competizione. Ci sono calciatori che appartengono ai prima trenta Club europei. Il gioco delle nazionali, di solito ispirato alle geometrie europee, 4-4-2; 3-5-2; 4-3-2-1; etc. I calciatori sparsi nei grandi Club Spagnoli, inglesi, italiani, francesi, tedeschi, olandesi, portoghesi, etc. Questo campionato andrà avanti e grosse sorprese non ci saranno ma, come nel caso del Senegal, stiano attenti i sudamericani e gli europei, il calcio africano che gioca in Europa è vincente e fatto di qualità che alla fine riuscirà ad arricchirsi di cattiveria agonistica, così troverà la strada per vincere. Credo che la prima nazionale a vincere il Mondiale, a parte le squadre sudamericane ed europee, sarà proprio un’africana, chissà che non sia proprio questo. Come per tutti, potrebbe dare a quello sfortunato continente l’impulso per essere vincente anche in altri campi. Le squadre africane sono uscite tutte, dispiace, in particolare il Senegal allenato da Aliou Cissè (nella foto), una signora squadra, con nove calciatori nati e vissuti in Francia, tra loro il nostro kalidou koulibaly. Ho dimento di dire una cosa riguardo ai romani e il loro esercito. La cavalleria Numida, africana, dell’odierno Magreb (Marocco-Algeria.Tunisia), da Canne a Zama passò dal campo cartaginese a quello romano, determinando la vittoria di Roma, la sua sopravvivenza, la grandezza nella storia. Da quella vittoria la cavalleria Numida ebbe sempre un posto d’onore nelle Legioni romane, così come quest’anno è stato per il calcio africano, in assoluto il migliore.

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here