LA DIFESA – Ok, il portiere. Inutile aggiungere altro: anche se è facile trovare il capro espiatorio. Ma né Albiol né Maksimovic appaiono barriere insuperabili. Anzi: certo, visto che sono due con esperienza da vendere, riescono poi con saggezza a recuperare anche delle situazioni in cui paiono soccombere. Era solo un test-match ma la sconfitta è dolorosa. E non di poco conto. Aiuterà davvero a crescere? Certo, la difesa è il reparto più incompleto anche se per conoscenze è quello dove Ancelotti dovrà intervenire di meno perché è qui che dovrà sfruttare al meglio il lavoro ossessivo e certosino del suo predecessore. Ma è anche qui dove sotto il profilo dell’organico c’è maggiore carenza: ora arriva Malcuit, ma lavorare per quasi un mese con due soli terzini non è il top. Forse doveva pretendere prima l’arrivo del rinforzo. In ogni caso basterà? Dipende dai tempi di recupero di Ghoulam: se tornerà davvero in campo al 100 per cento a fine settembre, allora si potrà anche stringere i denti. Altrimenti, bisogna pensare ad altro. Perché dopo la prima sosta, si giocherà per almeno 45 giorni ogni 72 ore. Hysaj ha la solita grinta, ma l’impressione è che si spreca tempo a volerlo al cross: col Liverpool ha spesso preferito il passaggio indietro anche a pochi passi dal fondo campo. Tra i centrali Maksimovic ha combinato guai in serie. Si gioca una grande occasione ed è evidente che è in difficoltà nella preparazione. Inutile infierire su Karnezis: era l’uomo sotto esame è ha fatto flop. Meret potrà debuttare con il Milan, alla seconda di campionato. Difficile immaginare il greco tra i pali nella gara di esordio all’Olimpico con la Lazio: chissà se ha respirato la sfiducia attorno a lui, motivo per cui ha commesso tre errori devastanti.

CENTROCAMPO –  Partiamo dalla qualità: in Italia in pochi hanno i piedi buoni delle mediana azzurra. Detto questo, il lavoro di Ancelotti è certosino. Ed è diverso. Hamsik ha cambiato ruolo ma mica è così semplice apprendere certi tipi di inserimenti. In certe aperture da destra a sinistra e viceversa si è intravisto quello che Ancelotti chiede al capitano, ma poi anche qui è una questione di gambe: è mancato completamente nell’azione di filtro. In regia se giochi con il Chievo o con il Carpi può anche non essere al top e magari riesci a sopperire con l’esperienza e l’intelligenza. Ma Milner & co. ti sbranano. Klopp concede l’onore delle armi agli azzurri: «Partita decisa dalla diversa condizione atletica». Vero, verissimo, perché a questi livelli chi corre di più e chi aggredisce di più quasi sempre ha la meglio. Ma resta quella sensazione di passività vista da Fabian Ruiz che non ha convinto: forse era l’emozione, però da lui ci si attende maggiore sfrontatezza. Allan al contrario è già a buon punto: ha fatto a lungo da scudiero ad Hamsik, come Lancilotto con Re Artù, ed è stato lucido anche nella parte iniziale. Al tracollo finale ha contribuito Rog che di fare filtro non pare avere troppa predisposizione: ecco la linea a tre di centrocampo ha faticato a proteggere la difesa, da qui la miriade di contropiede dei Reds che hanno reso imbarazzante il primo Napoli. Occhio a Diawara: ha voglia matta e piede per emergere. In cabina di regia sa già bene cosa fare. E si vede. Poi avendo giocato poco con Sarri, è anche quello meno «inquinato» dalla sua ideologia. Il gioco di Ancelotti passa attraverso i piedi e la qualità di questa linea a tre. Con Zielinski, Carlo recupera una ottima variante, anche perché ha anche una migliore attenzione alla fase difensiva.

L’ATTACCO – Le prove tecniche di Dublino per gli attaccanti sono state un fallimento atroce. A parte Callejon e un po’ anche Ounas. Si è passati dalle certezze (e dalle sicurezze) di un gioco fatto di tocchi, tocchetti e geometrie precise al calcio di Ancelotti dove la qualità del singolo deve predominare su tutto. Là davanti l’unico che si è mosso con decenza è stato lo spagnolo. Finché ha tenuto il fiato, poi venuto meno anche quello si è adeguato al resto della truppa. Deve infilarsi più spesso in area, ma con Hysaj che deve poi prendere il suo posto nella ricerca delle profondità, il sincronismo è ancora boccheggiante. Milik spesso dà l’impressione di non capire bene cosa fare: è punta centrale ma spesso sembra arrampicarsi altrove. Ancelotti per certi versi è l’ideale per uno come lui: all’attaccante chiede solo di guardare la porta. Il polacco già nella cadenza non pare essere in forma anche se davvero aveva un muro rosso (nell’occasione viola) davanti a sé: nove dei calciatori del Liverpool in campo hanno giocato la finale Champions tre mesi fa, per intenderci. Però sembra non avere mai lo scatto giusto. E qui c’entra anche la condizione. Male Insigne. Non ha dato mai reattività alla ripartenza. Che infatti ha sofferto. Inglese è ancora un pesce fuor d’acqua e lui sembra quello che di tutti ha meno alibi: va bene l’inserimento in un gruppo nuovo, ma forse il ruolo di punta centrale nel 4-3-2-1 non è quello che predilige. Benino Ounas: come ardore, più che altro. Battaglia e si prende a calci, ed è già una cosa. Verdi è entrato con la gara compromessa e questo ha condizionato la sua prestazione. Un reparto che deve essere meno ingabbiato nei movimenti e meno prevedibile. Più fantasia. Ma ci vuole pazienza per farlo capire.

Fonte: Il Mattino

 

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